La Mostra

“ – Lei dovrebbe vederlo! È un pittore sorprendente. Non abbiamo strumenti per misurare il genio; ma sento che il talento del De la Tour spezzerebbe più di un manometro. È un peccato che non abbiamo nulla di suo in Italia.”
R. Longhi, I pittori della Realtà in Francia, ovvero I caravaggeschi francesi del Seicento, “L’Italia letteraria”, 19 gennaio 1935.

Il recupero della figura di Georges de La Tour (1593-1652) è uno dei più grandi risultati della storia dell’arte, tale da far scrivere nel 1972 a Jacques Thuillier che “La Tour è il trionfo della storia dell’arte e la sua giustificazione. Perché La Tour non esisterebbe senza la storia dell’arte.” E’ infatti soltanto nel 1915 che Hermann Voss scrisse un articolo in cui stabiliva una relazione fra tre dipinti da lui osservati in Francia e la personalità di Georges de La Tour, recuperata negli archivi lorenesi, tracciando in tal modo un primo profilo dell’artista dimenticato, che doveva in seguito assurgere a protagonista della pittura europea. Nonostante una vita passata quasi completamente in Lorena, sua terra natale, da dove, secondo i documenti, si mosse soltanto per recarsi alla corte parigina, La Tour sarebbe riuscito a fornire la sua personale interpretazione della pittura a lume artificiale e della scena di genere, due degli ambiti cruciali di tutta la pittura europea del Seicento, che legano le esperienze di pittori italiani, francesi, fiamminghi, olandesi e spagnoli.

Già nel 1935 Roberto Longhi stabiliva il nesso fra il peculiare, a volte crudele realismo di La Tour e la pittura di Caravaggio. Lo studioso vedeva in lui un temperamento da “gentiluomo mascherato del caravaggismo”, uno straordinario genio isolato che aveva costruito il suo “fortino caravaggesco a Lunéville”. Ancora oggi ci si interroga sulla singolare coincidenza dei soggetti di La Tour con quelli di Caravaggio: bari, zingare, la Maddalena isolata….motivi che tuttavia potevano anche essere stati divulgati dalle copie o da altre fonti nordeuropee.

Ed è proprio sulla circolazione di queste idee e sulle diverse rappresentazioni delle figure isolate dei santi, della scena popolare e del notturno nell’Europa del Seicento che la mostra richiama l’attenzione attraverso il confronto di numerosi capolavori di La Tour con gli straordinari dipinti di Gerrit van Honthorst, Paulus Bor, Trophime Bigot, Frans Hals, Adam de Coster, artisti spesso avvicinati o addirittura confusi con La Tour.

Alcune questioni critiche non possono che restare aperte, anche dopo tutti gli studi e le mostre importanti che si sono avvicendati nei centocinque anni dalla riscoperta. Oltre a portare per la prima volta in Italia un nucleo molto consistente di opere di La Tour, la mostra illustra alcuni aspetti della pittura di notturni, delle variazioni possibili nella raffigurazione di scene rischiarate dalla sola presenza delle candele e delle lampade a olio. Non si tratta solo di un medesimo repertorio di motivi e di soggetti alla moda in contesti geografici diversi, ma di un campo di serrata sperimentazione sulle possibilità di rendere visibile il reale, di forzare, attraverso i mezzi della pittura, i limiti della rappresentazione. Affrontando gli interrogativi che ancora avvolgono l’opera di La Tour si approfondisce la storia della scena di genere e del quadro a lume artificiale, due ambiti di intensa ricerca, intellettuale e artistica, del Seicento europeo.